Il Paese è in crisi, ma la Campania di più
Paola Menetti, presidente nazionale di Legacoopsociali, fa il punto sulla situazione nazionale in merito al welfare e allo stato di agitazione degli operatori, tracciando un paragone con la realtà napoletana, e ipotizzando possibili scenari futuri.
Presidente, le proteste coinvolgono ormai diverse regioni. Il disagio riguarda quindi tutto il Paese?
“Innanzitutto, non parlerei di proteste: chiamarle così mi sembra riduttivo. Direi piuttosto che quanto sta accadendo a Napoli è un’azione molto ampia di denuncia, prima ancora che di protesta, rispetto a una situazione ormai prossima all’insostenibilità. C’è la necessità, in primo luogo, di un confronto fra le istituzioni e i soggetti sociali, che abbia come tema le prospettive che si vogliono impostare rispetto ai servizi di welfare. L’azione di denuncia riguarda due aspetti in particolare. Uno ha a che fare con un fatto molto concreto e grave: i servizi alle persone in cui lavorano migliaia di operatori vivono una difficoltà drammatica legata ai mancati pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche, nonostante siano stati stipulati dei regolari contratti. La parola ‘ritardi’ nei pagamenti, è diventata in pratica eufemistica vista la lunghezza dei tempi di corresponsione”.
Qual è il secondo punto?
“Secondo, è che il fatto che questo ritardo inverosimile nei pagamenti si accompagni a una crescente incertezza rispetto alle prospettive per questi servizi. A Napoli, di fatto, tutto ciò si sta trasformando in una sostanziale sicurezza di chiusura. Questi sono i due piani dell’azione di denuncia rappresentata dagli operatori sociali”.
In cosa si differenzia la situazione campana da quella delle altre regioni?
“Le questioni di cui si parla a Napoli hanno raggiunto livelli di acutezza assolutamente specifici, per le difficoltà che ha il Comune di Napoli. Questo dato specifico va ad inserirsi in un contesto territoriale già ricco di criticità. A parte ciò, è evidente che ci sono elementi di connessione fra le varie regioni sui due aspetti di cui abbiamo già parlato. La questione dei pagamenti riguarda, infatti, tutto il Paese. Bisogna considerare che, in generale, c’è stata una riduzione dei fondi trasmessi alle amministrazioni locali in ambito socio-sanitario. E questo è accaduto anche nelle altre regioni d’Italia. Va anche rilevata, però, una maggiore drammaticità nelle regioni meridionali come la Campania e la Sicilia. Nelle altre, il dato è comunque pesante, ma non a questi livelli. Inoltre, quando parliamo della realtà napoletana, di quella siciliana e calabrese, ci riferiamo a situazioni di dove sono a rischio servizi già precedentemente sottodimensionati rispetto ad altri territori”.
Perché nelle altre regioni i pagamenti, anche se con ritardo, vengono effettuati prima che in Campania?
“Si tratta, evidentemente, di contesti territoriali nei quali complessivamente c’è una maggiore continuità e solidità. Il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, obiettivamente hanno caratteristiche di bilancio meno drammatiche rispetto alla Campania e ad altre regioni del meridione. Il dato di sforamento rispetto ai termini di bilancio riguarda solo alcune regioni, non tutte”.
Con queste premesse, quali saranno secondo i prossimi scenari nell’ambito del welfare?
“Credo che andremo in una fase di modificazione significativa degli assetti attuali, certamente si sta aprendo uno scenario di cambiamento complessivo. Siamo già avviati in una fase nella quale il rischio maggiore è che le cose accadano senza un coinvolgimento delle famiglie degli utenti, di chi lavora nei servizi e di tutti gli attori del terzo settore. Per questo abbiamo chiesto espressamente dei tavoli di merito a livello nazionale. Per quanto riguarda i riferimenti economici, la questione della ‘reinternalizzazione’ o meno di determinati servizi, se affidarli ai privati e come affidarli, a livello nazionale esistono situazioni molto diversificate fra loro. Si fa fatica, dunque, a disegnare una tendenza univoca già in atto. Come soggetti dell’economia sociale, noi pensiamo che sia importante preservare e promuovere il ruolo di quegli attori sociali che hanno mostrato negli anni competenza e capacità imprenditoriale”.
Stefano Piedimonte
(Fonte: www.legacoopsociali.it e www.napolicittasociale.it)