Intervista a Paola Menetti – Verso il Congresso di Legacoopsociali
Pubblichiamo volentieri l'intervista a Paola Menetti, Presidente di Legacoopsociali, su temi importanti quale il welfare e l'aumento dell'IVA.
L’aumento dell’IVA sociale al 10% è una norma da cambiare. “In gioco c’è la coesione sociale e lo sviluppo del Paese” ha commentato; perché? È una battaglia ancora aperta?
È una battaglia apertissima e non facile, alla data attuale la norma non è stata modificata e riteniamo che il giusto luogo per imporre la correzione sia la legge di stabilità del 2014. L’aumento è pari al 150% e genera un aggravio sui costi stimato del 6% per cooperative sociali, enti pubblici, aziende sanitarie che non possono scaricare l’IVA e di conseguenza sarà un costo per le famiglie a cui vengono resi i servizi, già pesantemente impoverite. La norma sull’IMU, inoltre, mette a rischio l’elasticità di spesa per i bilanci dei comuni e il presidente dell’ ANCI ha dichiarato l’impossibilità di pagare gli stipendi dei pubblici dipendenti, che significa ridurre prestazioni e servizi per 25 mila persone l’anno e 40 mila persone complessive nel biennio. L’aumento è stato imposto come scelta obbligata a seguito della procedura di infrazione da parte della Comunità Europea, una motivazione errata, in quanto l’Europa ha avviato una richiesta di chiarimenti a diversi paesi sulle aliquote IVA non coerenti con il regolamento europeo in vista della nuova regolamentazione sulle aliquote agevolate. L’aumento dell’IVA si inserisce dunque in una fase più ampia di consultazione per la quale ci aspettavamo di essere coinvolti ad un tavolo di confronto, ma ciò non è avvenuto. Questo aumento scellerato prevede il recupero di 153 milioni l’anno, ma è solo sulla carta poiché i servizi non resteranno inalterati ed i costi aumenteranno insieme a quelli statali per cassa integrazione in deroga e uscite per gli ammortizzatori sociali.
Nel settore del Welfare questi sono stati anni di tagli progressivi, il Fondo nazionale per le politiche sociali ha subito una pesante contrazione. La cooperazione sociale ha resistito, ma a quale prezzo?
Il prezzo pagato è durissimo, ma a fronte di tariffe inalterate e risorse calanti le cooperative sociali hanno comunque puntato sulla difesa dei servizi, dell’occupazione e al consolidamento patrimoniale. I soci hanno assunto la priorità di salvaguardare la cooperazione ed investire sull’innovazione. La sobrietà negli stili gestionali, caratteristica propria delle cooperative sociali, e l’alta presenza femminile occupata nel settore ne ha permesso la tenuta, ma la riduzione dei margini è significativa e chi ne ha pagato il prezzo sono le cooperative sociali più piccole e più esposte alla fase di crisi ormai deflagrante. Sono fortemente cresciuti gli oneri di tipo finanziario dovuti ai ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione a fronte del costo fisso da erogare a 30 giorni della prestazione lavorativa. Il combinarsi di tutti questi aspetti, ha appesantito la volontà di procedere negli investimenti. Una nota positiva è che si è comunque riusciti a rinnovare il CCNL del settore attraverso un attento monitoraggio dagli organi associativi, discussioni impegnative e la disponibilità sindacale. La scelta fatta è stata quella di non arretrare.
A Novembre si terrà l’Assemblea congressuale delle cooperative sociale quali sono in questo contesto gli obiettivi per il futuro?
La prima questione posta nel documento congressuale è la forte esigenza di sottolineare che la crisi non è un fatto neutro e che i sacrifici non possono essere motivati dallo stato di necessità. La crisi non è uguale per tutti ed ugualmente vissuta, in questi ultimi decenni si è verificato un aumento pesantissimo delle disuguaglianze sociali. Per il futuro serve un nuovo modello di sviluppo, investire nei beni comuni: la salute, la cura delle persone, l’ambiente ed il territorio, ambiti che non si delocalizzano, generano immediatamente fiducia, e quindi contribuiscono alla ripresa economica, e pongono al centro la vita delle persone piuttosto che soltanto l’andamento degli spread. È importante dare il dovuto rilievo e sostenere le cooperative sociali che sono uno strumento di espressione diretta delle necessità dei cittadini che decidono di autogestirsi anche in ambito economico per rispondere ai propri bisogni. Questo non può convivere con una cornice vecchia dove le leve da salvaguardare sono lo Stato, il mercato e la redditività. La cooperazione sociale è in grado di generare cambiamento nello Stato e nel mercato, di umanizzarlo e renderlo più pluralista. È necessaria pertanto una idea più aperta ed ampia della funzione pubblica, un welfare fortemente rinnovato, un grande progetto di inclusione sociale e non solo di assistenza, dove per inclusione sociale intendiamo: la salvaguardia ed il sostegno del lavoro e dell’occupazione femminile; forme di sostegno al reddito per le famiglie povere (siamo ultimi in Europa da questo punto di vista); accoglienza alle persone migranti e quindi superare la legge Bossi-Fini e i Centri di identificazione ed espulsione per un percorso che abbia come obiettivo l’integrazione e la cittadinanza oltre alle tematiche della non autosufficienza da affrontare attraverso una seria riorganizzazione del sistema sanitario. In questa cornice la cooperazione sociale ha il ruolo di continuare a produrre innovazione, come già espresso attraverso le numerose start up innovative e le cooperative di comunità. Inoltre, sul piano della rappresentanza l’associazione vuole essere da stimolo e sostegno e rendere ancora più visibili le capacità innovative del settore. Il percorso avviato nell’Alleanza delle cooperative rafforzerà questi intenti.
a cura di www.nelpaese.it