Lettera di Ethel Frasinetti a Repubblica Bologna

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettere aperta di Ethel Frasinetti, Direttore di Legacoop Bologna, sul tema del referendum sulle scuole d'infanzia e il rapporto pubblico/privato.

 

Caro Direttore,

 

la discussione che sta interessando la nostra città in vista del referendum comunale stimola qualche riflessione; per natura e per formazione preferisco un approccio pragmatico alle questioni e anche rispetto al sistema integrato sulle scuole dell’infanzia, lo considero come una scelta di buona amministrazione locale fatta da Bologna anni fa piuttosto che come l’esercizio di un’opzione ideologica alla quale i cittadini debbano sentirsi chiamati.


Credo che oggi più che mai, in una situazione economica e sociale particolarmente tesa, dove il rischio più forte è quello di perdere quel valore inestimabile che è la coesione sociale, è fondamentale esercitare le proprie responsabilità, individuali e collettive, fino in fondo e con grande equilibrio. Non è utile essere ostinatamente “parziali” e provo a spiegarmi.


La Costituzione Italiana è composta da 139 articoli di cui l’articolo 33, al quale si richiamano i referendari, è parte. Blandirne uno come una clava sugli altri non fa la volontà dei padri costituenti. Anche l’art. 118 sulla sussidiarietà va letto insieme agli altri: da soli gli articoli non raccontano il progetto politico che la Costituzione ha tratteggiato per il nostro Paese.
Sappiamo poi che tra la dichiarazione dei principi e la loro attuazione c’è una oggettiva distanza che oltre ad interessare gli intellettuali, preoccupa e non poco i genitori che i bambini alle scuole dell’infanzia vogliono mandarli.
Le battaglie di principio in questo caso sembrano essere fatte per coloro che vogliono sollevare un problema e che, non entrando nel merito, si disinteressano del risultato che, per i bolognesi, è quello che conta: io penso che la prova alla quale siamo chiamati tutti, istituzioni elettive, società organizzata e singoli cittadini, sia quella di aggiornare continuamente il portato “materiale” costituzionale e l’accessibilità a quei diritti.


Bologna ha realizzato per prima le scuole materne (e non solo quelle, basti pensare alle scuole professionali Aldini Valeriani) quando ancora chi era al governo non sapeva cosa fossero. Una sorta di supplenza  fra pezzi dello Stato di cui hanno beneficiato migliaia di famiglie bolognesi.
Nei fatti questa città ha costruito e praticato un sistema di sussidiarietà ancor prima che venisse concettualizzato, agendo un rapporto maturo e consapevole tra il pubblico e il privato.
Questa è stata una conquista di civiltà che ha permesso in questi anni l’esigibilità dei propri diritti civili e sociali: non è stato un ripiego ma un progetto politico  di partecipazione civica.


Perché allora ritrarsi ora? Perché smontare ora quel pezzo di sistema integrato che mette in relazione scuole comunali, statali e paritarie private e che sta garantendo a centinaia di bambine e di bambini di inserirsi nel proprio percorso scolastico?
Oggi che la ferocia della crisi economica spazza via tanti posti di lavoro e con esso servizi e welfare, proprio a Bologna dovremmo ritirarci ? Proprio ora che il problema è che perdiamo tanto, il problema non è togliere un altro pezzo ma aggiungere ed ergere nuove barriere a difesa di una coesione sociale che faccia muro contro la disfatta dei diritti.


Scegliere la via della realtà non significa non avere valori, ideali e principi; anzi.
Forse la via amministrativa è meno affascinante del dibattito politico “alto”, ma oggi parlare un linguaggio di verità è sia politicamente che intellettualmente molto più onesto, a mio avviso, che dichiarare un principio e non preoccuparsi di come garantirne l’applicabilità.
Siamo dunque pragmatici: l’istituto delle convenzioni, che le Pubbliche Amministrazioni del nostro territorio hanno scelto nel corso degli anni , è uno strumento inclusivo con il quale gli enti locali riescono ad ampliare l’offerta dei servizi proposti ai cittadini (dalle scuole agli ospedali, dai teatri ai trasporti e non solo), senza perdere la loro funzione di controllo pubblico.
Semmai, oggi, il problema è la capacità di esercitare in modo incisivo quell’attività di controllo che è propria dell’istituzione pubblica: attività di controllo che deve essere sempre più efficace e stringente e garantire trasparenza e qualità.


Può piacere o meno ma Bologna è anche questo, non so se è un valore aggiunto ma la Bologna del welfare, della qualità della vita che ci riconoscono è anche il frutto di questo pragmatismo.


In questo ci sta la storia  di un associazionismo unico in Italia, di un volontariato, laico e cattolico, che presidia  gli spazi di una vita di comunità che vince le solitudini delle grandi città.
Infine questa è una città i cui standard di qualità e di servizi sono fra i più alti d’Europa anche perché la cooperazione ha trasformato i bisogni in opportunità. Non abbiamo comprato le case popolari, le abbiamo costruite, abbiamo inventato il welfare, abbiamo trasformato la moderna distribuzione, messo in sicurezza il lavoro, non abbiamo rivendicato né in piazza nè in salotto una società migliore: ne abbiamo rafforzato i fondamentali.


Ethel Frasinetti