L’origine dei consorzi Karabak

50 anni di storie dai verbali di Cadiai
Di Tito Menzani

In questo 2024, la Cooperativa sociale Cadiai compie cinquant’anni. Ma c’è anche un’altra ricorrenza che va ricordata e celebrata: i vent’anni dei consorzi Karabak. Infatti, il primo fu costituito nel 2004. Si trattava di un cosiddetto «project financing» che proponeva una virtuosa collaborazione tra enti pubblici e imprese cooperative. L’obiettivo era la realizzazione di asili nido. Da una parte, c’erano i Comuni di Bologna, Casalecchio di Reno, Malalbergo, San Lazzaro di Savena e Ozzano dell’Emilia; dall’altra le società cooperative, e cioè Cadiai, Società Dolce, Gruppo Manutencoop, Camst e Consorzio Cipea (poi Unifica).
A seguito della collaborazione tra queste realtà, vennero costruiti e poi gestiti dieci asili nido. Di fatto furono creati oltre 700 posti per bambini e bambine in età 0-3 anni. I consorzi Karabak tenevano insieme soggetti che avevano competenze differenti e dalla cui collaborazione sinergica maturò il successo del progetto: chi si occupava dell’edificazione del nido, chi della erogazione del servizio educativo, chi delle manutenzioni, chi della preparazione dei pasti, e così via.


Perché fu scelto il nome Karabak? Facciamo tre ipotesi: 1) Fu una semplificazione del persiano «Karabagh», che significa «giardino nero», a indicare un luogo di accoglienza innovativo; 2) Fu un riferimento alla razza equina «Karabakh», contraddistinta da cavalli apprezzati per il loro carattere e per la loro velocità; 3) Fu ispirato, con una lieve storpiatura del nome, dal personaggio del marchese di Karabas, che compare nella fiaba «Il gatto con gli stivali». Sono tutte tre ipotesi plausibili, ma solo una è quella corretta. Si provi a indovinare di quale si tratta. La risposta verrà fornita alla fine.


Prima facciamo un breve elenco dei nove consorzi Karabak, ognuno dei quali fu deputato alla edificazione e gestione di un nido, tranne il primo, che ne realizzò due:
Karabak – Nido Abba, nella omonima strada, e Nido Elefantino Blu, in via della Beverara, a Bologna
Karabak due – Balenido, in zona Meridiana a Casalecchio di Reno
Karabak tre – Nido Gattonando, a Malalbergo
Karabak quattro – Nido Marameo, in via Piave, a Bologna
Karabak cinque – Nido Gaia, in via Felice Battaglia, a Bologna
Karabak sei – Nido La Cicogna, a San Lazzaro di Savena
Karabak sette – Polo dell’Infanzia, con nido La Culla, scuola d’infanzia Girotondo e centro per famiglie L’Abbraccio, a Ozzano dell’Emilia
Karabak otto – Nido Giovannino, in viale Roma, a Bologna
Karabak nove – Filonido, in via della Villa, a Bologna


Tutti i nidi furono progettati, costruiti e gestiti dalle imprese cooperativa poc’anzi citate, in base a concessioni temporanee delle amministrazioni locali, al termine delle quali l’edificio sarebbe diventato di proprietà comunale. Si trattava di spazi che seguivano una precisa filosofia. Ogni struttura era stata realizzata seguendo concezioni architettoniche che garantivano ambienti sani, a basso impatto ambientale e adatti ai più piccoli. Sotto l’aspetto pedagogico, pur nella diversità che caratterizzava ognuno dei dieci nidi, esisteva un denominatore comune basato su tre principi fondamentali: flessibilità nell’accoglienza, centralità dell’educazione all’aperto e gestione ecosostenibile. Furono tutti inaugurati tra il 2005 e il 2009.


Resta da spiegare il nome Karabak. Come raccontò Franca Guglielmetti in un’intervista, «il Marchese di Karabas è un personaggio della fiaba “Il gatto con gli stivali”, che non esiste, ma che diventa reale con un trucco e solo alla fine. […] Eravamo seduti a un tavolo e tra le varie cose che dovevamo decidere c’era anche il nome del progetto. La nostra cultura pedagogica ha immediatamente preso il sopravvento. “Lo chiameremo Karabak”, e così è stato».