50 anni Cadiai, crescere nel segno dei diritti
Presidenti di ieri e di oggi a confronto: le parole della fondatrice Cadiai Vittoria Lotti e della Presidente Giulia Casarini sul percorso di riconoscimento del lavoro sociale.
Dignità al lavoro sociale, riconoscimento professionale, emancipazione femminile sono i principi chiave su cui Cadiai è stata fondata e ai quali, Vittoria Lotti, prima Presidente e fondatrice della Cooperativa, si è ispirata per dar voce alle lavoratrici e ai lavoratori sociali di 50 anni fa. Gli stessi principi di cui parla l’attuale Presidente, Giulia Casarini, nel descrivere la Cadiai di oggi. Un unico filo conduttore delle due interviste che vi proponiamo, alla Presidente di allora e alla Presidente di oggi.
Vittoria Lotti – Presidente e fondatrice Cadiai
1974-2024, sono passati 50 anni dalla fondazione di Cadiai, nata con il preciso obiettivo di dare dignità al lavoro sociale. Che cosa ispirò quel percorso?
L’idea è nata dalla mia esperienza personale. Un figlio piccolo, l’esigenza di volerlo affidare solo alla cura di mani esperte e allo stesso tempo la necessità di lavorare. Quello di cui in sostanza hanno bisogno tutte le mamme lavoratrici. Ho così cominciato a lavorare come babysitter dopo un corso specifico organizzato dal CIF (Centro Italiano Femminile). Era un servizio allora ristretto a cui non molte famiglie potevano ricorrere, ma subito mi resi conto che occorreva allargarlo il più possibile perché tante donne ne avevano bisogno per andare a lavorare. Il punto di partenza è stato questo ma subito abbinato a un altro importante concetto: la professionalità e la qualità del lavoro. Occorreva un servizio allargato con persone qualificate che lo svolgessero. Questa la mia convinzione e la mia idea che ho portato avanti con determinazione proponendola al CIF, così come al PCI e al Movimento cooperativo e allo stesso tempo condividendola con altre colleghe e colleghi. Non senza ostacoli siamo arrivati a costituirci come cooperativa nel 1974, 24 socie fondatrici e 3 soci fondatori tutti qualificati e convinti che la formazione dovesse essere al primo posto.
Altro grande risultato di quegli anni fu l’identificazione, nel 1978, della categoria dei lavoratori dell’assistenza domiciliare in seguito ad una trattativa con l’allora Sottosegretaria al Lavoro Tina Anselmi e Ministro del Lavoro, Vincenzo Scotti. Il lavoro sociale fece un altro passo in avanti, quali furono i cambiamenti concreti?
Un passo avanti importante e fondamentale verso la strada del riconoscimento professionale del nostro lavoro. L’attività di Cadiai divenne subito una sorta di modello su cui in diversi cominciarono a credere e a sostenere, allo stesso tempo si allargava il numero delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti con l’interessamento anche degli studenti che venivano comunque formati a prescindere da cosa studiassero. Erano anche anni difficili in cui la nostra attività per alcune persone faceva da punto di riferimento distogliendo l’attenzione da una realtà complicata, ma mancava ancora qualcosa di essenziale per poter dare dignità a quello che facevamo. Ancora una volta siamo andati avanti con tenacia facendo conoscere Cadiai fino a Roma. Eravamo una realtà nuova che non esisteva, in grado di dare dignità alle donne lavoratrici e capace di formare dirigenti e lavoratrici/lavoratori, garantendo la qualità dei servizi proposti. Siamo stati ascoltati e abbiamo ottenuto quel riconoscimento che chiedevamo e che era indispensabile per andare avanti e allargare la cooperativa.
Guardando indietro e guardando a oggi e volendo fare un bilancio ritiene che l’evoluzione del lavoro sociale sia stata quella attesa?
Sono molto contenta, era esattamente l’evoluzione che pensavo. Sono andata via dopo cinque anni di presidenza perché ritenevo fosse giusto dare lo spazio a chi era cresciuto negli anni insieme a me, ma ho sempre continuato a seguire Cadiai dall’esterno pur lavorando in altre attività e mi riempie di gioia vedere il percorso fatto svilupparsi in maniera stupenda.
Giulia Casarini – Presidente Cadiai
Dopo 50 anni siamo arrivati al 2024, ci sono senza dubbio punti in comune tra ieri e oggi, quali sono?
La nostra Cooperativa oggi come allora continua a basare la propria attività sul lavoro stabile, sul lavoro buono e sul lavoro delle donne: in Cadiai l’85% è donna.
Basilare anche la ricerca della professionalizzazione attraverso la formazione che Cadiai garantisce sempre alta, costante e continua. La Cooperativa è nata per dare riconoscimento professionale e stabilità lavorativa, 50 anni dopo i contratti a tempo indeterminato sono la maggioranza e l’età media si sta alzando, vuol dire che si lavora bene e che si vuole rimanere. Tuttavia, a differenza del passato, oggi i giovani non vogliono più fare questo lavoro perché viene percepito come poco appetibile. All’epoca, invece, era un ambito lavorativo di grande sviluppo e di grande interesse.
Altro tema in comune è il radicamento al territorio, la Cooperativa nasce su Bologna in stretto collegamento con la città, basti pensare che uno dei primi utenti dei nostri servizi è stato il sindaco Dozza. Anche oggi il rapporto con il territorio, con gli Enti Pubblici, con le Associazioni, con i cittadini è sostanziale.
Tanta strada è stata fatta, quali sono state le conquiste principali degli ultimi anni per il lavoro di cura?
In questi cinquant’anni il lavoro sociale ha assunto un ruolo fondamentale nel sistema del welfare, abbiamo servizi sempre più strutturati, il rapporto pubblico-privato è diventato centrale, così come la finanza di progetto. Il sistema delle gare e dell’accreditamento negli anni si è affinato sempre di più, garantendo standard elevati e la possibilità di una gestione stabile da parte degli enti del terzo settore, che vuol dire anche lavoro stabile per i lavoratori del sociale. La stabilità ha consentito di diventare parte attiva e propositiva nell’ambito dei diversi progetti in un’ottica di coprogettazione tra pubblico e privato.
Altre conquiste rispetto al passato, ma allo stesso tempo in linea con quanto Cadiai ha sempre fatto nella sua storia, riguardano proprio l’innovazione, la progettazione di nuovi servizi, l’individuazione di nuovi campi di attività, ma anche i rapporti con le altre cooperative e le recenti collaborazioni con le Fondazioni.
Il recente contratto favorisce il riconoscimento del lavoro sociale?
Sicuramente va in questo senso. Questo contratto è un buon risultato, con un buon riconoscimento economico e di alcuni istituti contrattuali importanti. Ma la principale novità, al netto dei singoli passaggi, è che questo contratto chiede che il lavoro sociale venga riconosciuto dall’Ente Pubblico. I firmatari si sono presi la responsabilità di sottoscrivere l’accordo, sapendo che, se l’ente pubblico non risponde positivamente, potrebbero esserci problemi, ma non sottoscriverlo avrebbe significato rinunciare a mettere in chiaro il valore del lavoro sociale. Un valore che è fatto di competenze, specializzazione, dedizione e costante formazione proprio come 50 anni fa. Tutti elementi che vanno riconosciuti anche dal punto di vista economico. E in questo senso ognuno deve fare la sua parte, a partire dall’Ente Pubblico.